PRIMA RIFLESSIONE DOPO LE ELEZIONI EUROPEE DELL'8/9 GIUGNO


Gli elettori dell'UE hanno confermato la maggioranza pro-europea. Ad oggi, la maggioranza del PE sarà ancora basata su PPE, Soc e Renew come nella scorsa legislatura. Sarà però importante vedere come si ricomporranno i diversi gruppi, dato che ci sono circa 100 membri che oggi non sono affiliati e molti sono vicini a posizioni di estrema destra. Ma questa maggioranza non è stabile, poiché i gruppi sono divisi e si dovranno fare alcune scelte, in particolare sulla direzione da prendere (Verdi, ECR o parti di esso?) per aumentare la sua stabilità. I numeri dei gruppi politici non sono definitivi e dovremo rivedere la composizione precisa dei gruppi. La partecipazione al voto è leggermente aumentata: 51,4%, la più alta dal 1994 e un punto in più rispetto al 2019 (50,66%), ma certamente non quanto sarebbe necessario. E molti Paesi rimangono ben al di sotto della soglia del 50%, Italia compresa e per la prima volta.

I risultati delle elezioni europee lasciano una impressione di scampato pericolo, perché non è riuscita l’impresa di lasciare i socialisti all’opposizione e rimpiazzarli con una alleanza di PPE estrema destra, ma il loro potenziale di sconvolgere alcune politiche centrali e la capacità dio agire della UE è reale. Il Partito Popolare Europeo ha rafforzato la sua posizione di gruppo politico più numeroso, in crescita rispetto al 2019. I Socialisti&Democratici rimangono il secondo gruppo più grande e perdono un numero limitato di membri. I liberali di Renew subiscono la sconfitta di Macron in Francia e della scomparsa di Ciudadanos in Spagna, ma dovrebbe rimanere il terzo gruppo più numeroso del Parlamento europeo.

I Verdi hanno ottenuto un risultato deludente in queste elezioni europee, soprattutto a causa delle pesanti perdite in Germania ma soprattutto in Francia. È interessante notare, tuttavia, che oggi ci sono più Paesi con una rappresentanza verde rispetto al 2019 e in alcuni Paesi come DK, NL, Sw hanno aumentato il numero di eurodeputati. I Verdi hanno dichiarato di essere pronti a dare il loro sostegno a Von der Leyen; ma per il momento, e nonostante alcune dichiarazioni in questo senso da parte del candidato leader socialista prima delle elezioni, non c'è alcuna volontà esplicita in questo senso espressa da parte di PPE e Liberali.

L'avanzata dell'estrema destra sembra quindi più limitata di quanto si temesse. Il gruppo dei Conservatori e Riformisti europei per ora si ferma al quarto posto, quello di Identità e Democrazia al quinto. Tuttavia, entrambi potranno attingere da un gruppo di eletti di partiti che non sono ancora affiliati e che appartengono in gran parte ai sovranisti o all'estrema destra. Sebbene i socialisti abbiano esplicitamente escluso qualsiasi collaborazione con l'ECR e l'ID, è ancora possibile che ci sia un'apertura verso Fratelli d'Italia della Meloni e altri gruppi più accettabili dell’estrema destra piuttosto che verso i Verdi: una sorta di strategia “pick and choose” già prevista dall'UVDL durante il dibattito sui candidati leader di maggio.

Dunque, Ursula Von der Leyen e il PPE continueranno molto probabilmente a governare l'UE per i prossimi cinque anni. Ma la destabilizzazione provocata in Francia e Germania dall'avanzata dell'estrema destra e la sua sostanziale normalizzazione avrà un impatto non solo su alcune scelte politiche specifiche come il Green Deal, la migrazione nel PE, ma anche sul Consiglio europeo, in particolare dopo la decisione del Presidente Macron di indire a sorpresa elezioni lampo estremamente rischiose.

Il Presidente francese Emmanuel Macron ha dunque annunciato lo scioglimento dell'Assemblea nazionale e ha indetto elezioni legislative anticipate tra il 30 giugno e il 7 luglio. Nonostante il sistema elettorale a due turni non permetta di scommettere per certo su una vittoria che dia una maggioranza utile al governo al Ressemblement National, che ieri ha ottenuto il 30% dei voti, il doppio della lista di Macron, potrebbe comunque succedere che la Francia si ritrovi con un governo guidato dal partito di Marine Le Pen e di Bardella, l’enfant prodige della politica francese.  Secondo molti commentatori, Macron sarebbe pronto a una coabitazione con un governo guidato dal Rassemblement National, nella speranza che si dimostri incapace di governare. Ma Marine Le Pen e RN, definitivamente legittimati come forza credibile di governo, potrà incolpare Macron dell’eventuale inefficacia del suo governo ed essere eletta nel 2027. Il popolo francese, ma anche l'UE, pagheranno sicuramente un caro prezzo se questo scenario dovesse concretizzarsi e comunque da qui al 2027 saremmo di fronte a una Francia in una situazione di grave instabilità e incertezza.

Il cancelliere tedesco Olaf Scholz e la sua coalizione sono usciti fortemente indeboliti dalle elezioni europee, dopo che la SPD è stata superata dal partito di estrema destra Alternativa per la Germania e dai conservatori della Cdu-Csu; anche i Verdi hanno perso molti voti. Già poco chiaro nelle sue intenzioni e dubbioso su molti temi, come spiega David Carretta sul suo Europa7, sarà molto difficile che la Germania di Scholtz possa avere un ruolo di traino positivo, soprattutto considerando la mancanza di coesione della sua maggioranza. Non è però molto probabile che il governo tedesco cada prima della sua scadenza nel 2025.

Ma in un momento molto difficile per la guerra in Ucraina, il conflitto a Gaza e l'emergenza climatica, la Francia e la Germania sono fortemente destabilizzate e questo avrà un impatto sul resto dell'UE.

E l’Italia? Il dato più preoccupante è senz’altro quello dell’astensione che per la prima volta arriva a superare il 50%. A mio modo di vedere ci sono molti padri e madri di questa grave situazione, dai media, responsabili massimi, ai partiti, al sistema elettorale davvero demenziale che con preferenze e quota di sbarramento alta lascia fuori tantissime persone e non favorisce candidati/e giovani e le donne. In Italia infatti, c’è stata una sostanziale assenza di dibattito e visibilità di candidati e candidate organizzato sui media, e in particolare in televisione, secondo regole chiare e in modo da assicurare un dibattito interessante e plurale sui temi concreti e fra i protagonisti diretti della competizione: che sono stati praticamente cancellati dai palinsesti, tutti concentrati sulle dispute tra leader che manco sarebbero andati in Parlamento Europeo,  stupidaggini come i poster con i fucili, le bravate di questo o quel candidato assurdo, le ciliegie della categoria Giorgia o la X di Vannacci. Come si può pensare che una opinione pubblica già poco informata, polarizzata e mobilitata per lo più per fare il tifo per questo e quella potesse sentirsi spinta a partecipare a una contesa dai contorni poco chiari, per una entità resa impopolare da anni di propaganda e disinformazione sovranista come la UE? Molto difficile. La lezione per i partiti progressisti è che è assolutamente necessario continuare a spingere al massimo per trovare occasioni e strumenti formali e strutturati di partecipazione diretta a tutti i livelli anche europeo. Perché anche per essere pronti a votare ogni cinque anni è necessario sentirsi parte di una collettività e capire che il voto conta. Il fatto che la metà degli elettori non si sia espresso mette un bemolle su tutti i risultati dei partiti evidentemente ed è la premessa necessaria a ogni valutazione. Sarebbe quindi utile per tutti e tutte evitare inutili trionfalismi. Ciò detto, indubbiamente Meloni ha vinto la sua partita di popolarità ma non quella di spedire i socialisti all’opposizione: vedremo che personaggi manderà al Parlamento europeo, e se il suo gruppo o la sua delegazione avrà un ruolo nella definizione dei posti di responsabilità in sede UE. Ma è indubbio che esce rafforzata dalle elezioni e dunque sarà forte anche il suo ruolo al Consiglio europeo, che alla fine deciderà su chi guiderà la UE, pur se il PE dovrà dare il suo assenso e non sarà né facile né automatico.

Ottimo risultato anche per Elly Schlein, che ha schierato una serie di amministratori e ex amministratori acchiappa preferenze e vedremo se alla fine alcune candidature davvero importanti come quelle di Annalisa Corrado, avranno una possibilità di emergere. Il fatto che i 5Stelle si siano fermati sotto il 10% rende difficile per loro la prospettiva di creare un gruppo autonomo con una serie di eletti sparsi. Ma vedremo in seguito che collocazione intendano scegliere. I Verdi appaiono improbabili date le loro (dei 5stelle) posizioni “pacifiste” e non ostili alla Russia sul conflitto ucraino. Al suicidio del Centro, guidato da due incorreggibili maschi alfa come Renzi e Calenda che hanno stritolato una Emma Bonino forse un po’ stanca e meno in grado di superarne gli evidenti limiti, corrisponde un risultato positivo della lista Alleanza Verdi e Sinistra, che ha saputo ben calibrare una serie di candidature significative e in grado di attirare voti con forze giovani e dinamiche che speriamo potranno rappresentare il futuro di queste forze politiche, che indubbiamente lavorano a una alternativa di governo auspicando l’unità delle forze di opposizione. A me in particolare interessa soprattutto il futuro dell’opzione ecologista in Italia ( e in Europa). Come mi è già capitato di dire e scrivere, non ci possiamo accontentare di numeri risicati nelle istituzioni o di fare un’opposizione efficace. Tutti devono sentirsi mobilitati, non solo per salvare il Green Deal, ma per rimettere in carreggiata la nostra democrazia. Associazioni e società civile, politica, mondo economico green, lavoratori e lavoratrici, amministratori/trici….Nessuno/a può tirarsene fuori ormai.

SU ALCUNI PAESI SPECIFICI TRATTI DA “Europa7” di David Carretta

1.      In Italia, nonostante la partecipazione al voto sia scesa per la prima volta ben al di sotto del 50%, Meloni può festeggiare un ottimo risultato (28,6%), così come il PD di Elly Schlein (25,6%). Salvini è sceso sotto il 10% (dal 34% del 2019) e Forza Italia ha aumentato leggermente i suoi consensi. I centristi sono stati spazzati via dalle loro divisioni; i Cinque Stelle sono andati molto peggio del previsto e sono scesi al 9,8% e l'alleanza Verde/Sinistra ha ottenuto un risultato molto migliore del previsto (6,9%). Anche se la Meloni non ha realizzato il suo piano di mandare i socialisti all'opposizione, sarà sicuramente una figura rilevante sia in Consiglio che al Parlamento europeo.

2.      Fpö primo partito di estrema destra in Austria, che ha ottenuto il 25,7%, superando i conservatori dell'Ovp (24,7%) e i socialdemocratici dell'Spö (23,2%). I Verdi hanno perso terreno, ma hanno mantenuto lo stesso numero di eurodeputati (10,7%), mentre i liberali di Neos sono leggermente aumentati (9,9%). Gli elettori austriaci torneranno alle urne in autunno per le elezioni legislative, che potrebbero riportare l'Fpö al governo.

3.    In Spagna, nessuna spinta della destra e Sánchez tiene Secondo i risultati provvisori, il Partito Socialista del Primo Ministro Pedro Sánchez, con il 30,2%, è riuscito ad avvicinarsi al Partito Popolare (34,2%) in una corsa che sembrava una replica delle elezioni legislative della scorsa estate. L'estrema destra Vox si è fermata al 9,6%, mentre i due partiti di estrema sinistra Sumar e Podemos hanno ottenuto il 4,6% e il 3,3%.  Il nuovo arrivato è il movimento populista di destra inventato dalla star sociale Alvise Pérez, Salf, che ha ottenuto il 4,6%.

4.    In Ungheria Orbán perde la maggioranza assoluta, ma Peter Magyar raccoglie voti all'opposizione - Fidesz, il partito di Viktor Orbán, ha ottenuto solo il 43,8% alle elezioni europee in Ungheria, nove punti in meno rispetto al 2019. Grazie al nuovo partito di Peter Magyar, Tisza, che ha ottenuto il 30,6%. Ex marito del ministro della Giustizia Judit Varga, membro della cerchia ristretta di Orbán per oltre un decennio, Magyar ha rotto con il primo ministro dopo lo “scandalo della grazia” a un pedofilo condannato. In campagna elettorale, Magyar ha denunciato la corruzione del governo Orbán e ha criticato la sua politica filorussa. Ma Tisza sottrae voti soprattutto all'opposizione. I socialisti si sono fermati all'8,3%, perdendo 15 punti, mentre Momentum è sceso al 3,5%, quattro punti in meno rispetto al 2019. Al Parlamento europeo, Tisza sta negoziando per entrare nel gruppo del PPE.

5.    In Finlandia l'estrema sinistra anti-Putin supera l'estrema destra anti-Putin - La Finlandia offre un'altra sorpresa in queste elezioni europee. Il partito Kok del primo ministro Petteri Orpo è nettamente in testa con il 24,8% dei voti, quattro punti in più rispetto al 2019. I finlandesi, il partito di estrema destra al governo con Orpo, sono crollati dal 13,8% al 7,6%. La sorpresa è il risultato storico del partito di estrema sinistra Vas, che passa dal 6,9% al 17,3%. I socialisti rimangono stabili intorno al 15%, mentre i Verdi perdono quasi sei punti, scendendo al 10,9%. A differenza di altri partiti di estrema sinistra, Vas non è filo-russo. Il suo leader, Li Andersson, ha dichiarato che il Gruppo della Sinistra al Parlamento europeo dovrebbe espellere i partiti che si oppongono al sostegno all'Ucraina.

6.    La Danimarca ha punito la coalizione di governo di Frederiksen - Il Partito socialdemocratico del primo ministro Mette Frederiksen e i partiti della sua coalizione hanno subito una netta sconfitta alle elezioni europee in Danimarca. A differenza di altri Paesi, i Verdi hanno ottenuto il 17,4% dei voti, cinque punti in più rispetto al 2019. Il Partito socialdemocratico di Frederiksen è crollato dal 22% al 15,6%. I liberali conservatori di Ventre perdono 10 punti e scendono al 14,7%. I Moderati, un nuovo partito centrista e liberale emerso prima della scorsa legislatura, hanno guadagnato l'8%. Il Partito Popolare Danese di estrema destra perde terreno, scendendo dall'11% al 6,4%. Subisce la concorrenza di un altro partito di estrema destra, i Democratici danesi, che hanno ottenuto il 7,4%.

7.    Nella Repubblica Ceca, Babis è tornato - Nella Repubblica Ceca, il partito Azione Cittadina Scontenta (Ano) dell'ex premier Andrej Babis, sconfitto alle ultime elezioni, è in testa, seguito dalla coalizione Spolu (Insieme) di tre partiti di governo, Democratici Civici (Ods, dell'attuale premier Petr Fiala), Top 09 e Democratici Cristiani (Kdu-Csl). Il partito di Babis avrebbe ottenuto il 26,1% dei voti, mentre la coalizione Spolu si è fermata al 22,3%. Ano è membro del gruppo Rinnovamento, mentre Fiala fa parte dell'Ecr. Il partito Pirati, che è al governo con Fiala, ha ottenuto il 10,3%, superando una coalizione di estrema sinistra con il 9,6%.

8.    In Portogallo, salgono i socialisti - In Portogallo, il Partito socialista con il 32,3% ha superato l'Alleanza democratica, la coalizione di centro-destra che aveva vinto le elezioni a marzo, che si è fermata al 31,9%. Il partito di estrema destra Chega ha confermato la sua progressione, ma senza superare il 9,8%. Il partito Iniziativa Liberale, con l'8,6%, è entrato nel Parlamento europeo. Dal Partito Socialista Portoghese potrebbe arrivare il futuro Presidente del Consiglio Europeo: uno dei nomi più citati è quello dell'ex Primo Ministro Antonio Costa.

9.    In Polonia vince ancora Tusk - È una delle buone notizie della notte elettorale: in Polonia la Coalizione Civica di Donald Tusk ha superato il Partito Legge e Giustizia nelle elezioni europee di ieri, infliggendo l'ennesima sconfitta ai nazionalisti di estrema destra. La Coalizione Civica ha ottenuto il 37,4% contro il 35,7% del PiS. Rispetto alle elezioni parlamentari di ottobre, la Coalizione Civica di Donald Tusk ha aumentato i suoi consensi, guadagnando otto punti, mentre il PiS ha perso due punti. Il partito di estrema destra Konfederacja ha ottenuto un risultato superiore alle aspettative con l'11,8%. Per quanto riguarda i partiti della coalizione di Tusk, i liberali di Polska 2050 si sono fermati al 7,3%, mentre i socialisti hanno ottenuto il 6,6%.

10.    I liberali vincono in Slovacchia - un'altra sorpresa positiva per il campo pro-europeo. Slovacchia Progressista, il partito liberale di opposizione, si è imposto nelle elezioni europee, superando lo Smer del primo ministro Robert Fico. Secondo i risultati provvisori, i liberali di Sp hanno ottenuto il 27,8%, in netto aumento rispetto al 20,1 di cinque anni fa. Anche lo Smer ha guadagnato terreno, passando dal 15,7% al 24,8%, ma si tratta di un risultato peggiore rispetto alle elezioni generali dello scorso anno. Fico, vittima di un attentato appena tre settimane fa, non è riuscito a sfruttare la simpatia dell'opinione pubblica. Anche i suoi alleati del partito Hlas, guidati dal presidente del Parlamento Peter Pellegrini, hanno ottenuto un risultato deludente con il 7,2%. Affidandosi alla retorica filorussa, Fico ha involontariamente scatenato il demone putiniano. Republika, un partito di estrema destra esplicitamente filo-russo, è arrivato terzo con il 12,5%.