Macerata: non è il tempo del silenzio


Dopo i fatti di Macerata e lo squallore di un dibattito politico ed elettorale in cui Salvini riesce a trarre vantaggio perfino dal gesto terrorista di un suo oscuro militante, sono sempre più convinta dell'urgenza di mettere in campo tre specifiche azioni, in contemporanea e in modo trasversale e massiccio, per ribaltare questa odiosa e sempre più pervasiva legittimazione di tutte le derive razziste e fasciste che ci troviamo ad affrontare, dal "non sono razzista ma" all'estremista che spara avvolto nel tricolore.

Il razzismo è un reato

La prima è la tolleranza zero. Zero tolleranza per Salvini che alla fine giustifica tutto con una invasione inventata di migranti assatanati. Zero tolleranza per un razzista che si congratula con se stesso perché vede il suo consenso crescere grazie alla difesa della razza bianca. Zero tolleranza per chi rifiuta di farsi curare da un medico nero. Zero tolleranza per chi mette in giro immagini sgozzate di Laura Boldrini.

Zero tolleranza significa non cedere anche noi all'idea che tutto questo, in fondo, non è grave, che qualche ragione c'è. E invece non c'è alcuna ragione per la quale, a 72 anni dagli orrori dei campi di concentramento, ci troviamo ancora a fare i conti con fascisti che di solito non ne conoscono la storia, razzisti ed estremisti propagatori di odio.

Esistono leggi che puniscono la propaganda e la discriminazione razzista o l'apologia del fascismo, ma non vengono quasi mai applicate: si è sottovalutato il rischio, si è rifiutato di vedere le conseguenze della legittimazione del razzismo e della xenofobia iniziata molti anni fa, con l'ingresso della Lega nei salotti buoni e con l'ossessivo tam tam mediatico che giustifica ogni cosa. Sarebbe il caso di rispolverarle queste leggi, spiegandone il senso, avere il coraggio di ribadire il concetto che tra razzismo, istigazione alla xenofobia e libertà di espressione esiste un limite non valicabile.

Tolleranza zero significa anche ripensare e riorganizzare la mobilitazione trasversale antirazzista e pacifica, riprendersi l'ambizione di non stare mai dalla parte di quelli del "ma"; soprattutto, è importante distinguere il cinismo colpevole dei leader e dei fanatici dall'ignoranza e dall'impressionabilità di chi decide di seguirli, cercando di capire le ragioni e le paure di questi ultimi.

Contro le fake news e bugie più risorse e migliore applicazione delle politiche di accoglienza e integrazione

Basta con l'apatia e la superficialità di tanta parte del mondo progressista, che pensa che, in fondo in fondo, è vero che in Italia c'è un'invasione, che serve difendersi e che questa idea della società multiculturale è una grande baggianata.

Non è vero, ma lo sembra. Quindi, lotta alle fake news a parte, credo che un'altra priorità sia quella di impegnarsi per il miglioramento della qualità dell'accoglienza, anche per cercare di evitare di mettere in contrapposizione gli ultimi e i penultimi e per rimediare all'obiettiva realtà di situazioni di degrado difficili da gestire e dei fenomeni di corruzione e malagestione che sono stati facile pretesto per svilire anche le esperienze di accoglienza positive.

Non essere d'accordo con la destra e l'estrema destra non significa non riconoscere che il problema esiste e che va affrontato. I venti anni di governo Lega-FI, così come l'incapacità del Pd o di molti dei suoi leader di adeguarsi al fatto che questo è un fenomeno da gestire e non da mettere alla porta, ha convinto molti sedicenti progressisti a cercare di raccattare consenso correndo dietro alla Lega (anche con l'ignobile criminalizzazione delle Ong).

Si è rinunciato a presentare una visione e soprattutto un'azione efficace e alternativa, facendo così un regalo alla destra: tagli al sociale, poca valorizzazione di esperienze di integrazione positiva e declino dello Sprar perché i sindaci perdono consenso, chiusura delle vie legali di immigrazione, il problema perdurante dei Cie, amministrazione inefficiente nel trattare le domande di asilo.

A causa della mancanza di una vera alternativa, i cittadini pensano che Salvini abbia ragione, che il governo porti avanti una politica di "immigrazione incontrollata" solo parzialmente moderata dalle ultime misure di Minniti, che non impediscono morti e sofferenze indicibili per migliaia di persone e che la destra si candida a continuare e potenziare, in modo assai più credibile che il centrosinistra.

Senza dimenticare che ci troviamo in un contesto di perdurante squilibrio nelle presenze Tv dei vari Salvini e destrorsi rispetto al resto del mondo politico, e non solo nelle Tv dell'ex Cavaliere (peraltro di nuovo strumenti di propaganda faziosa come a ogni appuntamento elettorale).

E così pochi valorizzano il fatto incontrovertibile che la più grande fabbrica di clandestini sia stato proprio il terzetto Berlusconi-Maroni-Fini, non solo tramite l'introduzione del reato di immigrazione clandestina, ma anche attraverso i mille cavilli che spesso impediscono a molti immigrati di restare nella legalità e sentirsi parte della nostra società.

Cultura: no al "prima gli italiani", sì all'apertura al mondo. Stato di diritto, uguaglianza e laicità non sono negoziabili

Che tanti cittadini pensino ancora che i bianchi siano una razza superiore, che la nostra cultura sia in pericolo, che i musulmani siano tutti estremisti, non è però solo un problema di crisi economica. È anche una questione di ignoranza e rancore, di scarso interesse per gli altri e per la loro cultura: un altro effetto devastante del leghismo.

Restiamo nelle nostre valli, mangiamo il nostro cibo, parliamo il nostro dialetto e fuori chi è diverso. La versione salvinian-meloniana lo declina in "l'Italia agli italiani", implicando che solo noi fortunati indigeni italici possiamo avere diritto di parola nel nostro paese.

Il terzo elemento della riscossa è di carattere culturale e filosofico e va affrontato senza inutili borie e senso di superiorità: con un sincero spirito "pedagogico", occorre rispiegare perché, dopo anni di guerre e orrori, i valori di solidarietà, diritti umani, società aperta non solo sono ancora validi ma rappresentano l'unica vera difesa contro la disgregazione del nostro vivere civile.

Vi immaginate quello che ci aspetta dopo il 5 marzo se la destra vince e si lancia una caccia allo straniero per espellere 600.000 persone senza se e senza ma (ne sono state rimpatriate a gran costo per le casse pubbliche circa 6000 l'anno scorso)? Non capisco perché si esiti a rendere espliciti i rischi di violenza e di rottura della già esile coesione sociale che la ricetta di Salvini comporterebbe. Non capisco assolutamente la logica del "non fare polemiche" che hanno sposato il M5S e il Pd dopo i fatti di Macerata.

Se non riconquistiamo i cuori e le menti di coloro che si fanno incantare dai vari odiatori che negano la propria responsabilità del degrado di questo paese, saranno di nuovo loro a vincere e tutto andrà sempre peggio. Altro che buonismo futile. È un lavoro che deve coinvolgerci tutti, politici, esponenti della cultura, dell'economia, della società, e che dovrebbe essere in qualche modo "organizzato".

Dovrebbe, però, essere "applicato" anche a coloro che arrivano da noi da terre lontane e molto diverse dalle nostre: non vuoi che tua figlia faccia ginnastica con gli altri ragazzi? La obblighi a sposare uno del "paese"? Non permetti a tua moglie di imparare l'italiano o non lo impari neppure tu? Ti mettiamo alle costole assistenti sociali e mediatori e, alla peggio, applichiamo sanzioni.

Investire nell'integrazione significa anche convincere chi arriva che qui tutti hanno gli stessi diritti e che non c'è posto per relativismi "culturali" che contrastano con alcune regole base della nostra vita democratica. Se non siamo inflessibili su questi elementi chiave, alla base di conquiste sociali importanti, significa che il loro valore non viene riconosciuto neppure da noi e si apre la strada all'estrema destra che rivendica la difesa tribale dell'etnia, non quella di valori universali che devono essere condivisi da tutta l'umanità.

Oggi non è il momento della prudenza e del silenzio. È il momento di riprendere la battaglia (vecchia forse, ma oggi più che mai necessaria) contro razzismo, xenofobia e fascismo. Certo ci vogliono parole ed energie nuove. Purtroppo, queste parole sembrano drammaticamente assenti.

(originariamente pubblicato su Huffington Post)

Bruxelles, 6 febbraio 2018