LA COMMISSIONE CEDE ALLE LOBBIES DEL GAS E DEL NUCLEARE E LE FA DIVENTARE VERDI


L’anno comincia maluccio per il Green deal europeo. Nel bel mezzo delle celebrazioni per il nuovo anno, la Commissione europea ha lanciato una breve consultazione (fino al 12 gennaio) per “esperti” degli stati membri (l’Italia è rappresentata da un funzionario del MEF) e la Piattaforma sulla Finanza Sostenibile sulla sua proposta di atto delegato sull’introduzione di gas naturale e nucleare nella lista delle attività utili a realizzare l’obiettivo di zero emissioni nocive per il clima entro il 2050, la cosiddetta tassonomia per la finanza sostenibile. La tassonomia fissa gli standard per definire una attività economica “sostenibile” secondo una serie di criteri a seconda della loro capacità di ridurre le emissioni e non danneggiare l’ambiente, elaborati per mesi da gruppi di esperti e approvati in una legge da Parlamento e Consiglio nel 2020. È importantissimo notare che resta perfettamente legale continuare a investire in nucleare e fossile, queste norme non proibiscono nulla: esse hanno l’obiettivo di rappresentare una guida per gli investitori, i governi, le imprese e possono rappresentare un potente aiuto alla finanza sostenibile, ancora oggi largamente insufficiente a coprire i costi della transizione. Dall’approvazione della legge, la Commissione lavora sui cosiddetti atti delegati, in pratica dei decreti attuativi, che una volta presentati passano automaticamente, a meno che 15 Stati o il 65% degli europe@ o 353 deputat@ europe@ si oppongano entro 4 mesi; questo atto delegato, un testo di una cinquantina di pagine di non facile lettura, di cui ha dato notizia il FT del 1°gennaio, tratta di uno dei temi più controversi e in ballo da mesi, appunto il ruolo di gas e nucleare. Poiché ad oggi non c’è una maggioranza di blocco per respingere la proposta della Commissione né se comprendesse gas e nucleare né se venissero esclusi, si capiscono le pressioni di stati membri, lobbies, ONG, istituti bancari, ecc... e le divisioni interne alla stessa Commissione. A dicembre, perfino il Consiglio Europeo ne aveva discusso senza trovare alcun accordo.La Commissione nel suo comunicato di presentazione ritiene che “tenendo conto dei pareri scientifici e degli attuali progressi tecnologici che ci sia un ruolo per il gas naturale e il nucleare come mezzi per facilitare la transizione verso un futuro prevalentemente basato sulle rinnovabili.” Assicura che ci sono condizioni “chiare e rigorose” perché questo sia accettabile, i criteri saranno rivisti regolarmente e comunque gli investitori/trici “potranno identificare se le attività includono il gas o il nucleare,” e in che misura, in modo da poter fare una scelta informata: cioè la Commissione definisce gas e nucleare come attività verdi, ma sa benissimo che non è vero.

Solo da questa ultima rassicurazione, si capisce l’ipocrisia che sta dietro questo vero e proprio sabotaggio del Green Deal e che si traduce con il rischio di continuare a investire milioni di euro in tecnologie e carburanti che ci allontanano dall’obiettivo della neutralità climatica (emissioni zero) nel 2050: nelle norme attuative, infatti, energie rinnovabili ed efficienza energetica rischiano di essere messe praticamente sullo stesso piano che la costruzione di centrali nucleari secondo le tecnologie attuali fino al 2045 o impianti a gas a condizioni molto generose (270Gr diCO2 per KWh invece dei 100 inizialmente previsti) e praticamente inverificabili, cosi complicate da risultare fasulle. Si capiscono allora le reazioni estremamente critiche dei governi più “verdi” alla pubblicazione della proposta. Il ministro verde dell’ambiente lussemburghese Claude Turmes l’ha bollata come una provocazione, la Ministra spagnola, la socialista Teresa Ribeira come un segnale sbagliato per i mercati finanziari, perché gas e nucleare “non sono verdi”, il neo-Ministro tedesco anche lui verde Robert Habeck come un ”errore”. Dal canto suo la Ministra austriaca competente, l’ecologista Leonore Gewessler, ha già detto che attaccherà l’eventuale atto delegato in Corte di Giustizia, perché contraddice la legge adottata nel 2020.

Fino a poche settimane fa la posizione della Commissione non era chiara: poi la Presidente stessa e il paladino del Green Deal Frans Timmernann hanno ceduto alle pressioni della Francia e al gran lavorio di lobby fossili e nucleari; entrambe hanno bisogno per sopravvivere di enormi sussidi pubblici e investimenti privati: Macron ha astutamente promesso sostegno per l'inserimento nella tassonomia del gas in cambio di un sostegno eguale per il nucleare e ha cosi portato con sé, oltre ai paesi dell'Est, anche l'Italia e la Germania della Merkel, la quale ha appena lasciato il posto ad un nuovo governo e la cui posizione è chiarissima sul nucleare  (NO su tutta la linea) molto più sfumata sul gas.

Eppure, inserire gas e nucleare a condizioni cosi poco stringenti oggi significherebbe togliere coerenza e senso allo stesso principio della Tassonomia e rinunciare anche alle ambizioni dichiarate di fissare standard mondiali di finanza sostenibile. Non a caso, numerosi istituti finanziari hanno già detto che se gas e nucleare entreranno nella tassonomia europea continueranno ad utilizzare gli standard esistenti che, pur se parziali e in qualche modo autoimposti, escludono gas e nucleare. Ad oggi gli stessi Green Bonds emessi dalla Commissione per finanziare Next generation EU non prevedono né gas né nucleare.

Il rischio è insomma che la Tassonomia europea perda anche in utilità. Questo è un punto molto importante: come ha ben dimostrato il caso della mancata rinascita del carbone negli Stati Uniti, non è che con questa norma europea determinerà lo stop alla progressione degli investimenti verdi. Ma non li renderà più semplici e competitivi, soprattutto in un paese come l’Italia, fortemente dipendente dal gas e in enorme ritardo su efficienza energetica e rinnovabili, in cui gran parte dell’establishment industriale, mediatico e politico rimane scettico sulla reale fattibilità di una rapida uscita dai fossili. Potere investire ancora per un decennio minimo in impianti a gas, pur se con alcuni limiti, per di più potendoli etichettare come verdi, renderà ancora più difficili le scelte e confusi i messaggi all’opinione pubblica, alla quale si racconta ogni giorno che l’aumento delle bollette è colpa della transizione e non invece dei ritardi di investimenti, regole e ricerca per affrancarci dalla dipendenza dal gas e dalla struttura della fissazione dei prezzi. Ci sono ancora 10 giorni prima che gli esperti nazionali si pronuncino e alcune settimane prima che la Commissione pubblichi la sua proposta definitiva; la battaglia si concentrerà probabilmente sui criteri di ammissione alla tassonomia verde più che sui principi generali.

Comunque andrà, è chiaro purtroppo che l’Italia sta ancora una volta dalla parte sbagliata. Dopo il Manifesto di Confindustria che conteneva la richiesta esplicita di sabotare la Tassonomia, sostenuta con entusiasmo da Cingolani, il dibattito è come sempre viziato per lo più dall’idea che “transizione”  e “ sostenibile” siano la stessa cosa e  che è meglio quindi continuare a buttare soldi pubblici e sostenere fonti fossili piuttosto che puntare rapidamente su rinnovabili ed efficienza, appunto dando a queste tecnologie e fonti energetiche la priorità in termini di investimenti e risorse.

La realtà dimostra che non è sempre vero che per passare da carbone alle rinnovabili sia necessario passare per  il gas e definire "verdi" gas e nucleare " non ci aiuterà a stabilizzare i prezzi dell'energia. La morale è sempre quella e vale sia in Italia che in Europa: non ci può essere transizione verde senza ecologisti al governo, nel senso che l’urgenza di agire non è ancora passata nella politica “main-stream” con conseguenze molto gravi. Cosa che impone a chi invece la riconosce, e non da ora, di riunire le forze e aumentare pressione e mobilitazione.

Articolo pubblicato su:  https://m.huffingtonpost.it/entry/la-commissione-cede-alle-lobby-lanno-comincia-maluccio-per-il-green-deal-ue_it_61d2b8b6e4b04b42ab75b8fb