Da Rajoy errori enormi, ora le parti devono tornare al tavolo


 

Gli interventi spesso violenti della polizia durante il voto referendario in Catalogna contro persone pacifiche che cercano di votare è un enorme errore di Mariano Rajoy e del suo governo. Come molti avevano detto prima di ieri, limitarsi a richiamare come una litania la Costituzione e a ricorrere a giudici e polizia, non può risolvere una situazione di divisione e reciproca sfiducia di queste dimensioni.

 

Da oggi, non c'è altra soluzione: indipendentemente dal risultato del voto, condotto peraltro in condizioni di ordine pubblico e procedure non accettabili, entrambe le parti devono tornare al tavolo delle trattative. Quelle trattative che già avevano trovato un punto di mediazione nello "Statut", approvato dopo un lavoro molto faticoso prima dal Parlamento catalano e poi dal Parlamento Spagnolo a guida socialista nel 2006 e che il Tribunale costituzionale controllato dal Partito Popolare aveva respinto nel 2010, anche sulla base del fatto che il concetto di "nazione catalana" non ha forza giuridica. Tra gli articoli respinti, quelli sulla lingua catalana "preferenziale" nella amministrazione, dei poteri della magistratura catalana, e altri su questioni afferenti al fisco e alle banche e alla possibilità della catalogna di essere una "nazione".

La crisi di oggi comincia allora e non condivido il tentativo di restringere le ragioni dei catalani a motivazioni puramente egoistiche, per "tenersi i soldi" o per rispondere alle accuse di corruzione, che toccano esponenti importanti del fronte nazionalista: anche perché succede esattamente lo stesso per decine di responsabili popolari (e socialisti) in galera un po' ovunque in Spagna.

Naturalmente, il governo catalano ha avuto buon gioco a usare l'argomento nazionalista per nascondere la sua propria politica anti-sociale e inadeguata negli anni più duri della crisi. Ma resta che questo è un problema politico e deve essere risolto politicamente; non dalle forze di polizia o dal richiamo ossessivo a regole costituzionali interpretate in modo restrittivo e che peraltro il governo Rajoy non ha voluto ridiscutere mai.

Da parte loro, la Commissione e il Parlamento europei non possono continuare a tacere sulla situazione in Catalogna, come se si trattasse di un banale fatto di politica interna. Non lo è e già da molte settimane. La escalation della disputa non pare fermarsi. Tra le dichiarazioni della Vice-Primo Ministro spagnola che dice che il referendum "non è mai avvenuto" e che la Polizia ha agito con prudenza e quella di chi dice che mercoledì ci sarà la dichiarazione unilaterale di indipendenza, non si vedono spiragli positivi, almeno per ora.

Per questo, da oggi, il Gruppo dei Verdi attraverso i suoi co-presidenti Ska Keller e Philippe Lambert chiederanno un dibattito in plenaria e una presa di posizione della Commissione europea. È possibile che gli altri gruppi si rifiuteranno di seguirli, continuando nella finzione che siamo di fronte a un tema "interno".

Ma l'Ue è nata come antidoto ai nazionalismi; è chiaro che in Catalogna se ne fronteggiano due: quello dell'esaltazione separatista e contro le regole stabilite del governo catalano, e quello intollerante e tendenzialmente autoritario di Mariano Rajoy e dei suoi.

Anche se è da notare come in Catalogna, tranne che per le sbavature della polizia, non ci sono state reazioni violente da parte delle persone per strada e nei seggi. E di questi tempi, questo è un valore da tenersi strettissimi. Ma bisogna agire in fretta. Gli spagnoli, tutti, si sentono europei e vogliono una soluzione prima che sia troppo tardi: l'Europa deve contribuire a trovarla.

 

Bruxelles, 2 ottobre 2017