ENERGETICA 2022: la mia conferenza TEDX a BRESCIA


ENERGETICA, TEDX Brescia,

Cosa ci spinge a cambiare?  Per qualsiasi parte importante della nostra vita, il lavoro, la casa, il marito, la moglie, è la convinzione che ci  sarà un miglioramento, che è giusto farlo; o che le circostanze non ci lasciano altra scelta.

 

Vale la stessa logica per i cambiamenti climatici: per accettare ed abbracciare le grandi trasformazioni necessarie per farvi fronte dobbiamo essere convinti/e che se lo facciamo rapidamente e bene potremo vivere molto meglio di prima, in città meno sporche e inquinate, in case più confortevoli; potremo muoverci, mangiare, consumare “meglio”, lavorare in modo più consono alle nostre ambizioni, trovando anche nuovi valori di solidarietà e sobrietà e nuove abitudini;

 

Ma questo non basta: dobbiamo anche essere assolutamente consapevoli che se continueremo a ritardare le misure volte ad azzerare la nostra dipendenza da gas e altri combustibili fossili, che causano i cambiamenti climatici, le conseguenze saranno tragiche e inarrestabili non tra un secolo, ma adesso; ogni minuto, ogni negoziato internazionale, ogni legge, ogni finanziamento sprecato, ci avvicina a un futuro che non vogliamo neppure immaginare.

 

URGENZA E DESIDERIO: queste sono dunque le chiavi per smuoverci dall’inerzia che ancora ci inchioda (Slide 1, pianeta) dopo innumerevoli rapporti degli scienziati e istituzioni più importanti, fiumi di denaro e grandi mobilitazioni, ad una traiettoria di aumento della temperatura di quasi 3°entro fine secolo. Per l’Italia, nello scenario peggiore si prospetta un aumento di ben 5°.

 

Vediamo un po’ meglio questo punto: nel 2015 a Parigi c’è stato il primo accordo sul clima mai concluso a livello globale.  Solo il Nicaragua e la Siria non lo firmarono. Quell’accordo impegnava il mondo  a mantenere entro 2° l’aumento della temperatura media globale entro fine secolo  - con l’obiettivo di arrivare a 1,5.

 

Tre anni dopo, nel 2018, un terribile rapporto dei climatologi delle Nazioni Unite precisava la differenza fra 1,5° e 2° dal punto di vista delle conseguenze irreversibili sulla biodiversità e sulla vita di milioni di persone. Insomma, ogni mezzo grado conta. Oggi, nel 2022, la temperatura del pianeta è aumentata in media di 1,1°. E dopo 27 Conferenze globali sul Clima (l’ultima in Egitto si è conclusa qualche giorno fa) e mettendo insieme tutti gli impegni di riduzione delle emissioni siamo ancora su una la traiettoria di aumento della temperatura tra i 2,6° e i 2,9°.  Questo è quasi il doppio di quell’aumento di 1,5° ritenuto il massimo possibile per evitare cambi del clima irrimediabili.

 

Per il pianeta, come per gli esseri umani, un aumento della temperatura di quasi 3° può essere fatale. (SLIDE 2, FEBBRE)

 

Ripeto: molti pensano ancora che i cambiamenti climatici siano il problema di qualche lontano atollo o dei nostri pronipoti e che per non correre il rischio di perdere qualcosa del nostro confort sia meglio rimandare! Questa convinzione è falsa ed è contraddetta ogni giorno dai fatti, proprio in Europa. 

 

LE TEMPERATURE IN EUROPA SONO AUMENTATE PIU DEL DOPPIO DELLA MEDIA GLOBALE . L'Europa presenta un'immagine in diretta di un mondo che si sta riscaldando e ci ricorda che anche le società avanzate non sono al sicuro dall'impatto di eventi meteorologici estremi e dell’inquinamento.

 

 In Italia, dal 2010 al 31 ottobre 2022 si sono registrati 1503  fenomeni meteorologici  estremi, sono 780 i  comuni colpiti e  279 le vittime a cui bisogna aggiungere le 12 vittime di Ischia. Potrei continuare a lungo a parlarvi degli effetti drammatici della siccità quest’estate anno in cui si sono registrate le temperature più alte e ondate di terribile calura in molti luoghi nel mondo (India) oltre che tragiche inondazioni in Pakistan o in Nigeria che hanno lasciato milioni di persone senza una casa.   

 

Ma preferisco parlarvi del fatto che non è solo la prospettiva del “disastro” che ci farà agire. Ma anche quella del “desiderio” di una vita migliore. E l’opportunità di una vita migliore è ancora alla nostra portata. Tecnologie e soluzioni in grado di ridurre la nostra dipendenza dai combustibili fossili e ad adattarci agli effetti dei cambiamenti climatici esistono da anni, sono sempre più convenienti e fattibili: e vi dirò di più: sarebbero necessarie anche SE I CAMBIAMENTI CLIMATICI NON ESISTESSERO.

 

Perché l’inquinamento uccide prematuramente 450.000 persone ogni anno solo in Europa; la pressione sulle risorse è tale che quest’anno abbiamo esaurito il 28 luglio tutte quelle prodotte dal pianeta; il 15 novembre siamo diventati 8 miliardi (eravamo solo 5 miliardi nel 1987).

 

Le cose da fare ( e da non  fare) sono molte, ma in fondo abbastanza note: ciò che è nuovo è che per funzionare davvero devono essere fatte tutte allo stesso tempo, con un senso di urgenza e inevitabilità simile a quello vissuto durante la pandemia e allo stesso tempo con un grande ottimismo perché tutte hanno vocazione a migliorare la nostra vita.

 

Alcuni esempi di cose da fare e non fare subito:

  • Invece che saltellare da un paese all’altro alla ricerca spasmodica di nuovo gas o svuotare le casse pubbliche con aiuti a pioggia per pagare lo bollette per qualche mese nella speranza che il prezzo diminuirà, sarebbe molto meglio poter  disporre di sostegni ben organizzati e accessibili a chi ne ha davvero bisogno per isolare le case e renderle più efficienti e confortevoli: in Italia ci sono più di  due milioni di famiglie che non riescono a riscaldarsi o a rinfrescarsi decentemente: non è con sussidi di qualche mese alle loro bollette che risolveranno il problema.  Bisogna puntare sulle ristrutturazioni edilizie, considerando che è possibile con tecnologie esistenti ridurre di 10 volte il consumo energetico di una casa; e pensate che se tutta l’illuminazione fosse con la tecnologia LED, si sarebbe potuto ridurre della metà il nostro fabbisogno di gas russo.
  • istallare rinnovabili laddove è efficace e opportuno, perché pannelli solari o pale eoliche, ma anche le pompe di calore, sono ormai più convenienti ed efficienti che anche le più recenti caldaie a gas.
  • Per di più la tecnologia avanza: fino a poco tempo fa bisognava scegliere se istallare pannelli solari o coltivare un campo, oggi con nuove tecnologie dell’agro-voltaico si possono fare convivere agricoltura di qualità e nuove energie.
  • E mettendo insieme tecnologie di risparmio energetico e rinnovabili, poi, ognuno può gestire il proprio consumo togliendo di mezzo l’ansia da bolletta e diventando davvero liberi perché non più dipendenti da un autocrate straniero o da una multinazionale fossile per accendere la luce di casa.
  • (E non è vero neppure che rinnovabili e ristrutturazioni edilizie non riescono a rispondere all’emergenza attuale: per fare nuove trivelle, estrarre nuovo gas, avremo bisogno di almeno due o tre anni e parliamo di estrarre meno del 10% del nostro fabbisogno annuale a costi altissimi.)

 

Altre buone notizie:

  • Vento e sole sono intermittenti? Già, ma ormai gli investimenti in ricerca per migliorare gli accumuli e ridurre l’impatto ecologico delle batterie stanno dando frutto; e non è vero che la Cina ha già vinto su questo fronte. Anche l’Europa sta cercando di mettersi al passo, ma bisogna accelerare e non distrarsi.
  • Mi si dirà: ma la transizione costa: é proprio perché siamo in emergenza climatica, che dovremmo spostare su attività sostenibili in tempi rapidi i 34 miliardi che il bilancio dello stato (e quindi tutti noi) paga per sussidiare attività dannose per l’ambiente; si potrebbero  investire nelle scuole, magari per formare gli studenti ai tanti lavori verdi che già oggi restano scoperti. O per opere di prevenzione del dissesto idrogeologico, che ha un costo totale stimato di 26 miliardi; o per rimediare allo spreco di acqua che ci fa disperdere solo a BS il 39% delle risorse idriche. Abbiamo il diritto di desiderare una destinazione migliore per le nostre tasse?
  • E poi dobbiamo cambiare priorità anche per le opere pubbliche: lasciare da parte i grandi progetti di infrastrutture assolutamente non  prioritari, dal Ponte di Messina a nuove autostrade, tunnel e gasdotti, investendo invece nelle città, nella cura del territorio, nel trasporto pubblico e alle opere di adattamento ai fenomeni meteo incontrollabili che vedremo piombarci addosso sempre più frequentemente. Abbiamo poche risorse, dobbiamo desiderare di investirle bene e avere risultati immediati.

Tutto già risolto allora?  No. Nessuna di queste soluzioni è valida per tutte le occasioni, per tutti i territori: anche una volta che ci siamo convinti e convinte che agire è urgente e desiderabile c’è ancora tanto bisogno di discutere, di chiarire, di darsi gli strumenti per scegliere e decidere. 

Dove metto la pala eolica senza rovinare il paesaggio ma anche senza porre insuperabili ostacoli a nuove energie non fossili? Meglio aspettare il gas “verde” o investire adesso massicciamente per ridurre la domanda di energia? Meglio isolare la mia casa adesso o mettermi un paio di maglioni in più e sperare che il prezzo del gas diminuisca? Meglio vivere in un grattacielo per concentrare servizi e organizzare un nuovo modo di vivere in comunità o lasciare la città e riscoprire la natura e un ritmo diverso… devo davvero rinunciare a viaggiare o posso farlo in altro modo?  Insomma, non c’è solo un modo di fare la transizione ecologica ed è necessario costruire uno spazio di dibattito e scelta consapevole e autonoma per gli individui e le comunità.

Per questo anche le forme della democrazia devono rinnovarsi in questi tempi di crescente astensionismo e apatia: per arricchirla e renderla più concreta, anche in onore di tutti e tutte coloro che in Cina, in Iran, in Afghanistan, in Myanmar, in Egitto oggi muoiono per conquistarla. Perché la desiderano più di ogni altra cosa.

In vari paesi europei si sono sperimentate forme di partecipazione e deliberazione che hanno ridato fiducia nell’esercizio della democrazia e migliorato il rapporto con le istituzioni. In Irlanda un gruppo di cittadini estratti a sorte è stato all’origine di una fondamentale riforma costituzionale che ha legalizzato l’aborto; in Germania, il ricorso alla giustizia contro l’inazione dello Stato in materia di cambiamenti climatici ha portato alla radicale modifica  della legge sul clima; in Italia 35 comuni hanno  istaurato forme di bilancio  partecipativo.

 

Perché la trasformazione ecologica NON è una successione di scelte tecniche: ci stiamo avventurando nella costruzione di un nuovo mondo e questo ci riguarda tutti e tutte.

 

Nel 2018, Greta Thunberg, una ragazza svedese riuscì con l’aiuto di una possente campagna mediatica dopo una estate torrida nel suo paese a smuovere le coscienze di milioni di giovani e meno giovani portando per la prima volta alla portata di tutti e tutte il grido della scienza, ma anche le soluzioni possibili e le opportunità positive di una azione immediata. Il suo non è mai stato un movimento di protesta: ma una impellente richiesta di agire. Un desiderio di un mondo diverso.Con il COVID, la spinta di quella mobilitazione si è indebolita soprattutto in Italia, anche a causa della continua sordità dei media e della politica. Proprio per questo è necessario ritrovare quella grande energia oltre le piazze, inventando forme di mobilitazione più ampia intorno alla priorità climatica, che renda più efficace e unitaria l’azione di quella parte della politica, delle istituzioni, dei media, dell’impresa, del lavoro e dell’associazionismo, che ha capito che non si può più aspettare, che non è possibile accettare di essere travolti dal prossimo incendio o inondazione o di stare alle condizioni del tiranno di turno.

 

Pensate che enorme e affascinante sfida intellettuale, etica, sociale è questa per tutti noi oggi! Lo sforzo di creatività collettiva che impone; il nuovo “Rinascimento” che disegna e la vera e propria opera di “liberazione” che prepara. Siamo ancora in tempo. Ma non per molto. Dipende solo da noi mettere insieme l’urgenza di agire e il desiderio di  vivere.